Il Borgo Orefici, gioiello al centro di Napoli

  • di Simona Vitagliano
  • 4 anni fa
  • Napoli
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Napoli è una città ed un capoluogo di regione, ma custodisce molti mondi all’interno di se stessa.

È una metropoli che si articola in un centro storico, tra cardi e decumani, e dei quartieri, a loro volta includenti rioni e borghi: una realtà incredibilmente densa ed unica nel suo genere.

Dopo aver viaggiato virtualmente all’interno del meraviglioso Borgo Marinari, del Borgo Santa Lucia, del Borgo Vergini e del Borgo Marechiaro, oggi ci inoltreremo tra le strade del Borgo Orefici, ubicato nel cuore di Napoli, fra Via Marina e Corso Umberto I (più noto, tra i partenopei, come Rettifilo).

Storia e tradizione

Il Borgo Orefici è uno storico rione ricadente nel quartiere Pendino e, quindi, nella seconda municipalità, articolandosi in un dedalo di strade piuttosto strette ed irregolari che confluiscono nel nucleo, cioè Piazzetta Orefici, dominato da un crocifisso ligneo settecentesco visibile da entrambi i lati.

Il nome, come si può immaginare, deriva dal fatto che, proprio qui, sono concentrate le più antiche ed importanti oreficerie, argenterie e gioiellerie della città, una serie di botteghe specializzate nella lavorazione artigianale che ha fatto la storia di Napoli: infatti, è proprio in questo antichissimo borgo che sono state fuse, battute e realizzate le preziosissime statue del tesoro di San Gennaro e gli arredi sacri di molte chiese partenopee.

L’origine di questo circondario è talmente lontana nel tempo da poter essere collocata almeno nel Medioevo: è proprio in questo periodo storico, infatti, che ricade la prima notizia certa dell’esistenza di questa zona poiché, a quei tempi, erano già attive tantissime botteghe prestigiose che si guadagnarono anche il riconoscimento ufficiale di Giovanna d’Angiò; da lì, si radunarono nella Corporazione degli Orafi, momento che coincise con la nascita del borgo stesso.

In realtà, però, c’è da dire che i primi maestri orafi giunti in città erano francesi: “coda” degli angioini, vennero affiancati da artigiani locali che, imparando il mestiere, li soppiantarono creando una vera e propria scuola napoletana che divenne parte della tradizione, venendo riconosciuta in tutta Europa. Il primo capolavoro commissionato ai francesi? Era un desiderio di Carlo II: il busto reliquiario del patrono San Gennaro.

Ad ogni modo, la tradizione orafa partenopea era già in itinere dai tempi dei Greci che, approdati in questa terra fertile e ricca, si dedicarono a tantissime attività artigianali ed artistiche in loco, includendo anche questo settore: a dimostrazione, i reperti conservati agli scavi di Pompei, Stabia ed Ercolano e al MANN.

Con il passare del tempo, la zona divenne ancora più esclusiva: il dominio aragonese favorì moltissimo la nascita e l’evoluzione di tutte le arti e ancora dopo, verso la fine del XVII secolo, il Marchese del Carpio, viceré di Napoli, sancì che l’arte degli argentieri e degli orefici dovesse essere portata avanti soltanto all’interno del borgo; era nato, così, un monopolio a favore della corporazione, che oggi è un consorzio a cui hanno aderito quasi tutti gli operatori orafi di Napoli. Questo provvedimento era conseguito, in realtà, ad un periodo decisamente negativo quando, durante il vicereame spagnolo, una grave epidemia di peste (1652) aveva provocato la morte di moltissime persone, tra cui molti maestri ed operai, bloccando temporaneamente le attività economiche e commerciali.

Siamo arrivati, così, al momento dei Borbone, epoca di grandi cambiamenti legislativi ed economici che, però, non intaccò la qualità dell’arte orafa: è di questo momento, infatti, la famosa parure composta da diadema, orecchini, spilla e collana che a Napoli era conosciuta come “concerto”. Le meraviglie forgiate in quegli anni si possono ammirare nei ritratti che sono giunti fino a noi: opere che testimoniano anche il fatto che, nonostante all’epoca si ritenesse che questi monili fossero appannaggio esclusivo delle classi più abbienti, venissero richiesti ed indossati anche dalla piccola e media borghesia, che ha sfoggiato gioielli meravigliosi durante le ricorrenze importanti… a volte a costo di fare debiti.

Oggi

La prima crisi del settore è arrivata in tempi recenti, nel Novecento, con la diffusione della produzione industriale: ma i napoletani hanno il problem solving nel sangue, così gli artigiani hanno adottato il metodo Lalique per le proprie produzioni, un’incisione personalizzata fatta a mano sul gioiello in grado di renderlo unico.
Inoltre, all’inizio del nuovo millennio, a tutela delle imprese è stato creato il Consorzio Antico Borgo Orefici, contestualmente realizzando, tra le altre cose, anche un’area pedonale per permettere a cittadini e turisti di passeggiare ammirando le vetrine in tutta spensieratezza.
Da segnalare anche tutti gli eventi e le fiere che vengono organizzate durante l’anno, come la Mostra Fieristica che prende vita a maggio e dicembre.

 

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