Nel cuore del Vomero: il Borgo di Antignano

  • di Simona Vitagliano
  • 4 anni fa
  • Napoli
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Conosciuto nei quartieri limitrofi, più che altro, per il suo storico mercatino, il Borgo di Antignano – che, in realtà, è un rione – è una delle zone più antiche del quartiere napoletano del Vomero, esteso molto più in là della via, del largo e del vico omonimi.

Un’antica testimonianza

Il circondario vomerese, ai giorni nostri, è noto per essere il polo commerciale e borghese della città ma, come sappiamo, un tempo la collina su cui è abbarbicato era appannaggio di pochi contadini che vi coltivavano i broccoli: tutto ciò che rimane di queste umili origini è custodito proprio nel perimetro di Antignano.

Nato in epoca romana, inizialmente era un semplice nucleo abitativo rurale ubicato sulla Via Puteolis Neapolim per colles (“da Pozzuoli a Napoli attraverso le colline”), la strada, cioè, che faceva da (unico) collegamento tra la zona flegrea e la città quando non esisteva la galleria Fuorigrotta-Mergellina: questa stessa arteria, situata nei pressi dell’antico Lago di Agnano oggi prosciugato, venne chiamata proprio Via Antiniana (probabilmente da “ante Agnano”) verso il II secolo d.C.

Con il tempo, cominciarono a formarsi lì intorno (ma anche in moltissimi altri punti) dei piccoli insediamenti agricoli, poi identificati come “casali”, dove vivevano tutti gli agricoltori che si sostentavano andando a vendere in città i loro prodotti: Napoli si circondò di oltre 50 casali, di cui Antignano ne fu uno dei più importanti, sin dall’epoca ducale.

Proprietà della nobile famiglia Capece nel XV secolo e sede della meravigliosa villa che fu costruita per volere del poeta Giovanni Pontano, ministro di Ferrante I e di Alfonso II d’Aragona, Antignano è anche sede della basilica di San Gennaro, attualmente visitabile e risalente ai primi del Novecento. Al santo è dedicata anche una minuscola edicola con un’effigie marmorea che si può scorgere, con un po’ di attenzione, all’imbocco di Via della Cerra: in effetti, si tratta di un’antica testimonianza dalla chiesa preesistente, risalente al primo Settecento e abbattuta a fine Ottocento per fare spazio a quella nuova. Proprio qui si sarebbe sciolto, per la prima volta nella storia di Napoli, il sangue di San Gennaro.

Dazio borbonico?

Ne è passato di tempo, prima che Antignano diventasse parte della città e prendesse i connotati che ci sono tanto familiari.

In epoca borbonica, molti pensano sia stato punto nevralgico del dazio: sul fianco di un piccolo edificio visibile a tutt’oggi si legge ancora “Qui si paga per gli regj censali“. I Borboni, infatti, avevano istituito tutto intorno alla città il cosiddetto “Muro Finanziere“, una cortina daziaria partita con Ferdinando I nel 1827. In realtà, però, sembra che questa targa risalga almeno al Settecento e che la struttura daziaria non passasse nemmeno da lì.

Il dibattito tra gli studiosi, comunque, è ancora aperto.

Oggi, questo borgo risulta essere l’unico centro abitato sopravvissuto all’invasione edilizia partita negli anni ’50 che ha cambiato per sempre il volto del quartiere.

“Il mistero di Antignano”

Antignano è famosa anche per una manifestazione religiosa che si svolge sin dal XVII secolo lungo Via Arenella, collegamento medievale tra il rione, il Vomero vecchio e l’Arenella: chiamata da sempre “Il mistero di Antignano“, è una grande processione del Cristo risorto molto folcloristica, probabilmente introdotta in epoca vicereale. Abolita circa 50 anni fa e ripristinata solo nel 1993, ha una tradizione recente, per molti, ma origini antichissime (probabilmente nel regno di Carlo d’Angiò).

In effetti, si tratta di un’usanza molto malvista sin dall’Ottocento: linguaggio sboccato, rappresentazione chiassosa, addirittura sembra che sfociasse spesso in violenza e che toccasse sedarla attraverso l’intervento delle forze dell’ordine; fu proprio per questo che venne eliminata.

Avviene ogni anno nella mattinata della Pasqua: i fedeli portano in spalla quattro statue del Settecento, realizzate in legno dipinto a mano (il Gesù risorto, la Madonna velata di nero, la Maddalena e l’apostolo Giovanni, custodite nella chiesa di Santa Maria della Libera) e il tutto si svolge come fosse un teatro all’aperto; le statue “parlano” tra loro e si inscena l’attesa della resurrezione di Gesù, culminando il tutto con uno squillo di tromba.

Uno spettacolo, per gli amanti della tradizione, a cui assistere almeno una volta nella vita.

 

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