La prima city d’Italia? Il Centro Direzionale di Napoli

  • di Simona Vitagliano
  • 4 anni fa
  • Napoli
  • 1

Anche Napoli ha le sue Torri Gemelle: sono i grattacieli che dominano il Centro Direzionale, una delle zone più amate e odiate della città.

Eppure, un vero e proprio collettore di primati.

Ad entrarci dentro sembra di varcare la soglia verso un altro mondo, un ambiente completamente nuovo e futuristico che ha fatto piombare la capitale partenopea in una dimensione internazionale e che ha collezionato il primo cluster di grattacieli non solo in Italia, ma in tutta l’Europa meridionale.

Sorge nel quartiere Poggioreale, nei pressi della Stazione Centrale, ed è stato progettato dall’architetto giapponese Kenzō Tange: tutto era cominciato negli anni ’60, quando il Comune di Napoli aveva individuato – in quella che all’epoca era un’ampia area industriale dismessa –  uno spazio per un nuovo quartiere da adibire ad uso uffici, anche per decongestionare il traffico del centro cittadino (merito che si deve all’architetto napoletano Giulio De Luca che fu il primo, nel 1975, a disegnare un iniziale CDN); i primi cantieri comparirono verso il 1985 ma il complesso è stato completato solo 10 anni dopo, diventando un vanto e un motivo di orgoglio; è proprio qui, infatti, che è sorto quello che è stato per un decennio il grattacielo più alto del Paese, la Torre Telecom, che supera persino l’iconico Pirellone di Milano.

La costruzione di tutti i grattacieli fu affidata ad architetti di fama internazionale, tra cui anche il nostro Renzo Piano che disegnò il palazzetto dell’Olivetti: quelle che vengono definite le Torri Gemelle, in realtà, sono le Torri ENEL (le più alte dopo quella Telecom), caratterizzate proprio da una spiccata somiglianza tra loro.

Va detto, però, che l’idea iniziale del progetto fu addirittura fascista ma, con lo scoppiare del conflitto mondiale, tutto slittò al 1972, quando riqualificare quell’area ormai invasa soltanto da fabbriche fantasma apparve come un atto di civiltà dovuto alla città e ai suoi residenti, soprattutto nel contesto della speculazione edilizia in cui le colline circostanti vennero letteralmente invase dalle colate di cemento. Uno scenario in cui quei grattacieli altissimi dai vetri a specchio comunicarono non solo modernità, ma anche luminosità e libertà.

 

Lo stop

La cosa curiosa è che il Centro Direzionale è stato costruito solo a metà: nel 1995, infatti, i lavori si interruppero bruscamente per non riprendere mai più (nemmeno in via ipotetica); un’evidenza che si testimonia da sé con i vialoni e le costruzioni che si bloccano, improvvisamente, sul nulla.

Tra l’altro, non tutti sanno che molti dei grattacieli che compaiono nel CDN sono stati costruiti… su una falda acquifera!

Si abbassano, infatti, di circa un centimetro ogni anno e possiedono nelle proprie fondamenta delle pompe idrovore per tirar via l’acqua dai sotterranei; c’è chi dice che, sotto a quelle immense lastre di cemento, scorra l’antico e leggendario fiume Sebeto, ma questa è un’altra storia.

 

Pro e contro

Il Centro Direzionale di Napoli identifica una delle più estese e importanti opere cittadine realizzate negli ultimi decenni ed un esempio positivo di separazione del traffico urbano dall’area pedonale; da molti viene anche aspramente criticato, ma il profilo della metropoli ne ha sicuramente guadagnato imponenza, inserendosi tra gli agglomerati di grattacieli dell’Europa meridionale, senza contare che l’intero circondario è diventato una vera e propria garanzia per le imprese che hanno voglia di interfacciarsi in maniera diretta, magari nello stesso edificio, ed a chilometro zero.

Naturalmente, un’area del genere avrebbe sicuramente bisogno di essere salvaguardata e curata molto più di quanto non avvenga: non è un mistero che nei sotterranei sussistano, in effetti, delle condizioni di degrado e di cattiva manutenzione, mentre molti temono che la presenza delle falde acquifere possa minare, nel tempo, la stabilità delle strutture presenti.

 

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