Compromesso e rogito: qual è la differenza e quale prevale tra i due?

Il sentir parlare di contratto suscita l’idea di un patto siglato e immodificabile, il chè è anche vero, ma con le debite eccezioni. Esistono infatti alcuni casi in cui aver messo “nero su bianco” i termini di una compravendita per esempio, non vuol dire necessariamente che questi vengano rispettati. Casi esemplari in materia sono il compromesso o contratto preliminare  e il rogito  il contratto definitivo: i due contratti che rappresentano rispettivamente l’accordo tra le parti e la compravendita vera e propria di un immobile.

Può capitare ed è capitato che questi presentano delle difformità. Come ci si comporta? Cosa prevede la legge in questi casi? La risposta a queste domande è stata fornita ancora una volta dalla Cassazione ma, prima d’entrare nel vivo del discorso è bene soffermarsi sulle differenze tra i due diversi tipi di contratto.

Differenza tra compromesso e rogito

La compravendita di un immobile è un’operazione delicata, per questo, quando due persone decidono di portarle a termine, stipulano il famoso contratto preliminare (compromesso ). All’interno di questo, che deve necessariamente essere redatto in forma scritta, il promittente, ossia il proprietario dell’immobile, s’impegna a vendere al promittente acquirente, al prezzo, modalità e termini stabiliti all’interno del contratto stesso. In poche parole è un accordo scritto in cui si obbligano a rispettare “la parola data”, e si assumono l’impegno di a stipulare un nuovo contratto, detto definitivo.

Il contratto definitivo di compravendita (rogito) è il contratto vero e proprio con il quale le parti in causa, il venditore e l’acquirente, portano a termine il trasferimento della proprietà, rispettando quanto pattuito all’interno del compresso e prestando le garanzie previste dalla legge. 

Compromesso e rogito: quale prevale tra i due in caso di errori?

A chiarire la situazione è intervenuta ancora una volta la Cassazione che all’interno della sentenza n. 6223/2018 , ha stabilito la preminenza del contratto definitivo sul preliminare in caso di difformità.  

Alla base della sentenza c’è il rispetto della libertà delle parti chiamate in causa. Questi infatti, sono stati reputati dai giudici della suprema corte legittimati a muoversi in maniera diversa da quanto prestabilito nel compresso, visto che questo, secondo il loro punto di vista, rappresenta la basi di un accordo, che non è detto diventi poi realtà. Il discorso cambia nel caso in cui all’interno del contratto preliminare ci sia qualche clausola, che disponga del contrario, ossia della prevalenza  di questi sul contratto definitivo in caso di cambiamenti d’idee inaspettati. 

Quindi, tirando le somme, nonostante si sia in presenza di un contratto preliminare che, da certi punti di vista deve garantire una “sicurezza”, le parti restano comunque libere di revocare i precedenti accordi o modificarli prima della stesura del rogito, e senza essere obbligati a redigere un nuovo compromesso.

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