La leggenda della Basilica di Santa Chiara a Napoli

  • di Simona Vitagliano
  • 5 anni fa
  • Napoli
  • 1

Intorno al Complesso Monumentale di Santa Chiara si potrebbe stare a chiacchierare per giorni: è uno dei luoghi iconici della città partenopea, immerso nel cuore del centro storico e al centro di leggende e dicerie che, ancora oggi, continuano a tramandarsi di generazione in generazione.

L’antico rosone traforato, il Coro delle Clarisse, l’affresco della Crocifissione per mano di Giotto e il meraviglioso Chiostro Maiolicato sono soltanto alcune delle bellezze custodite all’interno di queste mura, insieme a sepolcri importanti (come quello di Roberto d’Angiò), aperte al culto per la prima volta nel lontano 1340 (anche se la prima pietra fu posata nel 1310). Il tutto, in un mix di stili tra barocco e gotico, arrivati a coesistere anche grazie alle vicende che hanno interessato la basilica, costretta, ad esempio, ad essere restaurata e, in alcune parti, ricostruita dopo il disastro dei bombardamenti conseguiti alla Seconda Guerra Mondiale.

Ma non è della sua storia che, oggi, vogliamo parlarvi… ma di una delle tante leggende che aleggiano intorno al suo perimetro.

La leggenda di Sancha d’Aragona

Forse non tutti avranno familiarità con questo nome, ma Sancha d’Aragona, nota anche come Sancha di Maiorca, era la moglie del re Roberto d’Angiò e con lui riposa tra le mura della basilica: era stata proprio la coppia a volere fortemente la costruzione del complesso religioso, poiché devota a San Francesco di Assisi e a Santa Chiara. L’intenzione era dare vita ad una vera e propria cittadella che potesse accogliere le Clarisse ed i Frati Minori: da qui, l’esigenza del Monastero e del Convento. Una vera e propria novità, per l’epoca, tant’è che, per la costruzione, fu necessaria addirittura un’approvazione da parte del Papa.

Secondo alcuni, sarebbe proprio lo spirito della donna, dopo secoli, a vagare ancora tra quelle stanze, inquieto e addolorato.

Sancha sarebbe apparsa, sin dal giorno della sua morte (1345), a molti occhi stupiti, vestita con un lungo abito e in posa di preghiera, con gli occhi pieni di lacrime: questo, però, è l’unico particolare che si conosce sul suo volto che,  ad oggi, rimane avvolto nel mistero; si dice, anzi, che chiunque abbia avuto il coraggio di guardarla in viso, disturbandola durante la sua preghiera disperata, sarebbe morto subito dopo.

Tuttavia, esistono varie versioni della storia.

Secondo altri, infatti, non è in dubbio la presenza del “fantasma”, solo che sarebbe stata data a quella figura eterea e evanescente l’identità sbagliata: si tratterebbe, infatti, di Giovanna I d’Angiò, nipote di Roberto d’Angiò, di cui la sopracitata Sancha è stata tutrice.

Qui la storia si fa interessante perché fu proprio tra quelle mura che Giovanna d’Angiò venne incoronata regina, nel 1344, e che, nel 1382, il suo corpo venne portato a testimonianza della sua morte; una scomparsa avvenuta nel sonno, per soffocamento da cuscino per mano di 4 sicari, e sotto scomunica: una condizione che non le valse una sepoltura in terra sacra, ma che le concesse soltanto una fossa comune all’ingresso del Chiostro.

Si dice che l’anima della donna ricompaia tra quelle mura nel giorno dell’anniversario della sua morte (22 Maggio), con il capo chino e in cerca di sollievo. Chiunque abbia visto il suo volto pare abbia detto fosse terrificante… ma anche che sia vissuto troppo poco per restarne testimone.

Partecipa alla discussione

Compare listings

Confrontare