L’aeroporto di Napoli, il secondo del Mezzogiorno

  • di Simona Vitagliano
  • 5 anni fa
  • Napoli
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Attira ogni giorno una serie infinita di lamentele e polemiche, ma la verità è che l’aeroporto di Capodichino è un vero e proprio punto focale della città di Napoli e dell’intera Regione Campania.

D’altro canto, è anche il più grande dell’Italia Meridionale e il secondo del Mezzogiorno (dopo il Catania-Fontanarossa) ed è teatro, ogni giorno, di partenze e arrivi, di addii e comitati di benvenuto, raccogliendo le emozioni e il quotidiano di napoletani ed italiani in generale, oltre che di stranieri provenienti da ogni parte del mondo, che siano di passaggio o pronti a fermarsi per qualche giorno nella capitale partenopea per questioni di piacere o di affari.

Info e storia

L’aeroporto di Capodichino ha sede nei quartieri di San Pietro a Patierno e Secondigliano, al confine con Poggioreale, a circa 4 chilometri dalla Stazione Centrale di Napoli.

Ben collegato ai principali aeroporti europei – e non solo -, offre la possibilità di raggiungere un’infinità di destinazioni grazie alla presenza di molte compagnie diverse, come Alitalia, Air Italy, EasyJet, Ryanair, Lufthansa, Air France ed altre.

Il nome deriva dall’antica collina che, un tempo, costituiva il transito obbligato per arrivare alla città da Porta Capuana: era il tragitto che mercanti ed agricoltori dell’epoca, provenienti dalle campagne e dalla periferia montuosa e collinare, sfruttavano per vendere in città i propri prodotti; il problema, però, era la pericolosità del circondario che tra, bestie feroci e ladri in cerca di bottini, non era per niente sicuro, tant’è che la strada venne ufficialmente annessa a Napoli solo in età medievale.

Per arrivare all’aeroporto sono dovuti trascorrere parecchi secoli.

Nel 1812 la prima donna pilota professionista, l’aeronauta francese Marie Sophie Blanchard, fece uno scenografico decollo con il suo pallone aerostatico: l’Angelo di Bonaparte (così soprannominata perché Napoleone richiamava la sua presenza a tutte le feste di Versailles) scelse proprio questo luogo per il suo volo, tant’è che una delle stradine della zona prende oggi il nome di Via delle Mongolfiere in suo onore.

Da lì, il salto verso la tecnologia fu quasi automatico, con il progresso, ma non privo di intoppi.

Nel 1910 fu organizzato un raduno aeronautico in cui il pilota napoletano Ettore Sarubbi con il velivolo Napoli 1, costruito presso le Manifatture Cotoniere Meridionali di Poggioreale, partecipò insieme ad altre personalità europee importanti del tempo. Purtroppo, però, la manifestazione si rivelò un fiasco: nessuno dei velivoli riuscì a decollare e gli spettatori si inferocirono, addirittura inseguendo i piloti e richiedendo un rimborso; l’evento, purtuttavia, continuò a ripetersi annualmente, fino ad arrivare ad una pausa durante la Prima Guerra Mondiale e ad una ripresa nel 1920, quando comparve la prima vera pista, inizialmente utilizzata dalla Squadriglia di difesa aerea che si occupava di portare la posta.

Ma non è stato tutto in salita, nemmeno da quel momento in poi.

Questa pista, infatti, venne dimenticata molto velocemente e si riattivò soltanto nel 1925, quando iniziarono i lavori per la realizzazione del complesso che avrebbe ospitato l’Accademia Aeronautica. Con la Seconda Guerra Mondiale, in quel luogo di sogni e progetti non rimase altro che un cumulo di macerie e, a causa dell’eruzione del Vesuvio nel 1944, il campo si rese inutilizzabile.

Finalmente, passata anche quest’altra bufera, nel 1948, fu ricostruito l’angolo sud (il Comando di Aeroporto) e, agli inizi degli anni ’50, vide la luce una palazzina che avrebbe ospitato l’aviazione civile. Cominciò, così, quella lunga fase di ampliamenti e collegamenti nazionali e, poi, internazionali che avrebbero reso Napoli ed i napoletani liberi di essere accoglienza e di lasciarsi accogliere.

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