Immobili commerciali e smart working: mercato fermo dopo la pandemia

Con l’arrivo della pandemia globale  l’Italia ha scoperto, sperimentato ed amato lo smart working.
Le aziende e gli uffici che hanno potuto applicare questa modalità di lavoro  hanno chiuso tutto, e messo i loro dipendenti in condizione di poter lavorare da casa propria. Abitudine che in molti non vogliono cambiare. Lavorare da casa comporta infatti una serie di benefici – sia per i lavoratori che per le aziende stesse – a cui in pochi sono disposti a rinunciare.

Questa, l’incertezza sulla fine della pandemia e l’ansia per l’arrivo di una seconda nuova ondata, sono tra le ragioni principali che hanno visto le compravendite di uffici e immobili commerciali scendere rispettivamente del 17,2 e del 17,5%. Ancora peggio il settore produttivo, dove le richieste si sono ridotte del 22%.

Un nuovo trend riguarda la scelta di aprire attività più piccole, legate al quartiere e soprattutto pensate per la vendita di prodotti alimentari.
Il 61% degli acquisti di spazi commerciali, per la maggior parte di taglio inferiore ai 60 mq, ha avuto proprio lo scopo di messa a reddito.
Altra conseguenza della pandemia è la riscoperta dei “propri quartieri” o zone di residenza: le persone tendono a non allontanarsi troppo da casa per fare spese.

Questo ha accentuato un trend, già in salita negli ultimi anni, che aveva portato anche le catene della grande distribuzione a puntare su questo tipo di negozi.

Per i prossimi mesi si attende una contrazione sia sui canoni di locazione che sui prezzi di vendita. Potrebbero infatti aumentare gli immobili disponibili, mentre stanno già cominciando le rinegoziazioni degli affitti, a causa dell’impatto economico della recente chiusura totale e che ancora non è calcolabile con precisione.

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