Palazzi storici di Napoli: il palazzo Diomede Carafa

  • di Daniela de Cicco
  • 3 anni fa
  • Napoli
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Tra gli scorci paesaggistici di Napoli, ci sono alcuni punti che spesso sfuggono al turismo di massa. Tra questi sicuramente i palazzi storici della città: veri e propri monumenti a cielo aperto, resi vivi e vitali dalla presenza di attività umane al proprio interno. Un palazzo tra tutti, degno di nota è il palazzo Diomede Carafa. Situato al civico 122 di Via San Biagio dei Librai, nel cuore di Napoli è uno dei palazzi più affascinanti, protagonista e spettatore di tante vicissitudini che hanno interessato il ventre della città, durante questi secoli.

La costruzione del palazzo Diomede Carafa

Il palazzo si trova proprio in pieno centro storico, dove un tempo si svolgevano tutte le attività principali della città. Venne realizzato nel XV secolo con un progetto che, secondo alcuni è attribuibile a Masuccio Primo, mentre secondo altri, la paternità del progetto sarebbe di Angelo Aniello Fiore. Il palazzo, venne restaurato già nel 1466, così come testimonia l’epigrafe posta sul palazzo. Il palazzo prende il nome appunto, di Diomede Carafa, conte di Maddaloni, il quale fu tra gli artefici della realizzazione del palazzo stesso. Inizialmente venne reastaurato allo scopo di allestire un museo privato al suo interno, per raccogliere le opere antiche raccolte in città durante quegli anni. Successivamente il palazzo divenne di proprietà dei principi Carafa, duchi di Colubrano che lo riadattarono nuovamente a proprio uso. Nel 1815, dopo anni di oblìo ed abbandono, la proprietà del palazzo Diomede Carafa passò alla famiglia Santangelo, che si prodigò nell’arricchire il museo. Oggi il palazzo è destinato ad uso privato e per questo non visitabile, ma le sue particolarità sono ben osservabili dall’esterno.

Palazzo Diomede Carafa: le caratteristiche

Passeggiando per il centro storico di Napoli, il palazzo Diomede Carafa non passa inosservato. Basta innalzare gli occhi per notare subito alcune particolari caratteristiche. In primo luogo il bugnato che ricopre tutta la facciata dell’edificio: rigorosamente con colori gialli e grigi di medievale memoria. Le finestre sono trabeate mentre il portone, è riccamente decorato, ed adornato con gli stemmi nobiliari della famiglia Carafa, ma in pieno stile rinascimentale napoletano. Riguardo la trabeazione, nella fascia centrale, reca alcuni fregi che fanno riferimento ad alcuni simboli cari alla famiglia Carafa; simboli che assieme allo stemma nobiliare, si ritrovano anche sul portone d’ingresso. Tale trabeazione è realizzata anche allo scopo di adornare il palazzo: sono qui presenti infatti, mensole laterali recante busti che raffigurano gli imperatori romani Claudio e Vespasiano. Al centro invece vi è una nicchia in cui è rappresentato Ercole. Il palazzo ha una struttura definita “a blocco”, cioè privo di partizioni verticali. Nel cortile interno invece, c’erano numerose state che un tempo abbellivano il palazzo. Oltre a queste, altrettanti affreschi, di cui però, è rimasto solo qualche piccola traccia in una nicchia. Lo scalone d’accesso, che parte proprio dal cortile si apre lasciando spazio alla facciata interna con gli archi a tutto sesto e le colonne ottagonali, element che riprendono un pò lo stile interno del Maschio Angioino.

La testa in terra cotta nel cortile interno

Per i fortunati che riescono ad entrarvi, nel cortile c’è da vedere la testa di cavallo in terracotta. In realtà questa sarebbe una copia di una originale in bronzo donata addirittura da Lorenzo de’ Medici a Diomede Carafa e custodita attualmente, presso il Museo Archeologico Nazionale. Quella testa di cavallo rappresenta un’eredità piuttosto pesante, in quanto, secondo molti, sarebbe parte di un’opera incompleta e mai terminata di Donatello: un monumento equestre incompiuto, che l’artista avrebbe dovuto realizzare per il sovrano Alfonso V d’Aragona. La scultura, quella originale in bronzo, rimase nel palazzo Diomede Carafa fino al 1809, quando l’ultimo discendente della famiglia Carafa di Colubrano decise di donarla al Museo Archeologico e sostituire la statua con una in terracotta.

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