Agibilità degli immobili condonati: come funziona

L’ agibilità degli immobili condonati è una dinamica che procede strettamente collegata alle normative vigenti in materia. In genere l’agibilità viene concessa a seguito di un condono edilizio e questo, senza possibilità di derogare alla normativa prevista dal D.M. 05/07/1975 che stabilisce l’altezza minima ed i principali requisiti sul piano igienico-sanitario dei locali adibiti ad uso abitativo. Tuttavia esistono possibilità seppur esigue di un condono ottenuto senza agibilità. Nell’articolo si spiegano i dettagli e le dinamiche che riguardano l’agibilità, ma anche specifiche caratteristiche e normative.

Agibilità di immobili condonati: cosa dice la legge

L’orientamento giurisprudenziale in materia di agibilità degli immobili condonati è piuttosto consolidato. Si parla infatti, sulla base della sentenza del Consiglio di Stato n. 2620 del 03/05/2011, dove tenuto conto dell’Art. 35 della legge 47/1985, dove si sancisce che “l’agibilità di un fabbricato, conseguente all’accoglimento del condono edilizio, può legittimamente avvenire in deroga a norme regolamentari ma non anche quando siano carenti le condizioni di salubrità dell’immobile richieste da fonti normative di livello primario”. Seguono poi una serie di vicissitudini giudiziarie. Ad esempio la sentenza del  TAR Toscana n. 857 del 14/06/2019, ha specificato che per definire l’ambito della deroga, la norma non si esplicita sullo specifico dato formale dell’appartenenza della disposizione a una fonte primaria o secondaria. In base a tale assunto quindi, la deroga si verificherebbe solo se le specifiche condizioni igienico-sanitarie si presenti in violazione di norme regolamentari imposte, dai regolamenti comunali, i quali sono da ritenere derogabili nella misura in cui siano espressione di esigenze locali e non contrastino leggi di ordinamento superiore. A tal proposito però, la legge di riferimento è sempre il succitato D.M. 05/07/1975 la quale è ritenuta normativa di rango primario e quindi inderogabile. Pertanto, se l’agibilità di un immobile condonato non rispetta i requisiti e le altezze minime, il documento di attestazione risulta illegittimo.

Il Consiglio di Stato e la sentenza 6091/2021

C’è qualcosa di nuovo in materia di agibilità degli immobili condonati. La novità arriva dalla sentenza 6091/2021 del Consiglio di Stato: un immobile condonato può essere tale anche senza attestazione di agibilità. I giudici si sono espressi su un caso inerente un immobile condonato che però non è stato ritenuto agibile e adatto ad uso residenziale. Dato questo assunto, il condono stesso non implica necessariamente che l’immobile possa essere subito agibile. Questo significa che l’immobile oggetto di condono presenta caratteristiche non adatte ad ottenere l’attestazione. D’altronde il condono è una procedura che di per sè, ha carattere straordinario e derogatorio, ed è chiaro che i giudici abbiano decretato che non ci sono condizioni adatte per ulteriori interpretazioni estensive. Con la sentenza del Consiglio di Stato dunque, si è reso palese che, non sempre, alla procedura del condono, segue automaticamente quella dell’agibilità. Le due cose non sono necessariamente collegate.

Costruire in sanatoria: condono e agibilità

La normativa vigente fa riferimento al permesso di costruire in sanatoria concesso con la Legge Speciale 326/2003, detta legge del condono edilizio. La recente sentenza del Consiglio di Stato che mette dei punti fermi alla vicenda del condono e dell’agibilità, chiarisce dei punti in merito ad un caso di specie, ma che si rende chiarificatore anche di tutta la normativa in vigore in materia. Infatti, il fabbricato in questione, quello analizzato dal processo, aveva ottenuto un permesso di costruire in sanatoria al seguito del quale, l’abitabilità era stata presentata sottoforma di autocertificazione. Il condono edilizio aveva come oggetto la fusione di due unità immobiliari in una, con opere interne e cambio di destinazione d’uso in civile abitazione. I diretti interessati si erano espressi con un silenzio-assenso, al seguito del quale, il comune ha emesso un provvedimento che annullava l’agibilità, in autotutela. I ricorrenti al Consiglio di Stato, quindi, sono stati coloroc che avevano emesso l’autocertificazione.

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