Napoli è sempre stata una città a metà tra il sacro ed il profano, tra il mito e la storia.
Ci sono luoghi che testimoniano a gran voce – anche se in assoluto silenzio – questa ambiguità: uno è certamente la meravigliosa e misteriosa Cappella Sansevero, le cui stesse origini sono ancora oggi decisamente fumose.
Ai giorni nostri, il sito – chiesa oramai sconsacrata e diventata monumento – è meta quotidiana di tantissimi turisti e partenopei che hanno voglia di perdersi a fantasticare nelle incredibili opere custodite al suo interno, tra cui sarebbe impossibile non nominare il Cristo Velato, che troneggia al centro della navata principale e che ci è invidiato da mezzo mondo.
Il Cristo Velato: magia dell’arte scultorea
La corona di spine appoggiata ai piedi, il volto sofferente, il velo che ricopre il corpo ma ne lascia trasparire ogni sentimento, ogni venatura: non solo a parlarne, ma persino a guardarlo si fa fatica a credere che ci si trovi davanti ad una statua scolpita nel marmo.
Ed è proprio questa incredulità che ha fatto nascere, probabilmente, nel tempo una serie di miti e di leggende intorno a quest’opera così unica, delicata, drammatica.
Ma chi si nasconde dietro questo progetto così ambizioso?
Come tutto quello che riguarda la Cappella Sansevero, la storia non è del tutto lineare.
È stato Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, ad occuparsi del progetto dell’edificio: com’è risaputo, era un uomo ambivalente, misterioso, appassionato di scienza e di alchimie, tant’è che si rintanava nei suoi laboratori – proprio sotto la struttura – per dare vita a invenzioni e ricerche. Era, al contempo, anche un gran estimatore dell’arte e proprio per questo commissionò la realizzazione di quest’opera: l’autore chiamato in causa inizialmente fu Antonio Corradini; purtroppo, però, morì nel 1752 lasciando ai posteri soltanto una piccola bozza in terracotta della sua idea di Cristo Velato; un’idea che venne completamente stravolta dal suo successore, lo scultore Giuseppe Sanmartino, che dette vita al capolavoro che possiamo ammirare oggi e che fa ancora tanto parlare di sé.
Terminata nel 1753, la scultura è a dimensione naturale: il Cristo appare sdraiato su un materasso, col capo sollevato da due grandi cuscini ed il corpo interamente ricoperto da un sottilissimo sudario trasparente che ne lascia intravedere ferite, dolori, pieghe; persino i segni delle torture. Ai piedi, poi, la corona di spine, i chiodi e la tenaglia (ideologicamente utilizzata per estrarli dalla croce prima di adagiare il corpo sul letto).
Insomma, un’opera che sembra travalicare il limite tra realtà e sogno, tant’è che, nel tempo, ha collezionato una serie di leggende e dicerie che si sono chiacchierate per secoli tra la gente del popolo.
La leggenda della “marmorizzazione”
Una delle leggende più famose che ha riguardato il Cristo Velato è stata quella della “marmorizzazione” del velo.
In pratica, quella realizzazione così minuziosa e incredibilmente dettagliata ha dato adito, per molti secoli, a pensare che non si trattasse di semplice marmo scolpito, ma di una tecnica che Raimondo di Sangro, da vero alchimista, avrebbe insegnato a Sanmartino per “marmorizzare” un vero velo sulla statua, trasformando e calcificando la stoffa attraverso una misteriosa formula chimica.
Naturalmente, si tratta soltanto di una visionaria fantasticheria: documenti storici e lettere dell’epoca ci hanno tramandato con assoluta certezza che il materiale utilizzato sia stato soltanto il marmo; anche perché una procedura scientifica come quella della “marmorizzazione” non esiste.
Ma il Cristo Velato, secoli dopo, continua ad affascinare, incantare e rapire chi si ritrova ad ammirarlo.
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